Il diritto dell’immigrazione è definibile come il complesso di norme volte alla gestione dei flussi migratori, qualsiasi sia il motivo sotteso al trasferimento delle persone dal luogo d’origine.
Tra i principali strumenti di regolamentazione dell’immigrazione previsti dal legislatore troviamo i permessi di soggiorno.
Il permesso di soggiorno è il titolo di cui deve munirsi il cittadino extracomunitario che intenda soggiornare nel territorio italiano per un periodo superiore ai 90 giorni al fine di svolgere una determinata attività consentita dalla legge.
Tra i motivi che più comunemente vengono posti a fondamento delle richieste di permesso di soggiorno troviamo:
- permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato;
- permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo;
- permesso di soggiorno per motivi di studio;
- permesso di soggiorno per cure mediche;
- permesso di soggiorno per affidamento del minore;
- permesso di soggiorno per motivi religiosi;
- permesso di soggiorno per attività sportiva.
Importante evidenziare come, per ognuna di queste procedure, la durata del permesso e le attività consentite siano variabili, così come variabile è la durata dello stesso.
Esistono, tuttavia, dei casi in cui il permesso di soggiorno non è concesso ai fini dello svolgimento di una particolare attività, bensì sulla base della riconosciuta necessità di protezione della persona (cd. Protezione internazionale).
Si tratta di due casi particolari:
- il diritto di asilo (con assegnazione del relativo status di rifugiato);
- la protezione sussidiaria.
Il Diritto di asilo:
Il diritto di asilo trae il suo fondamento all’art. 10, comma 3, della Costituzione italiana e dalla Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati del 1951, ratificata dall'Italia con legge 24 luglio 1954, n. 722, e modificata dal Protocollo di New York del 31 gennaio 1967, ratificato con legge 14 febbraio 1970, n. 95, poi richiamata anche dall’art. 18 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
Ai sensi della Convenzione di Ginevra, ha diritto all’asilo (e, dunque, allo status di rifugiato) chi:
“chi temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo una cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di siffatti avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”.
In altri termini, può accedere al diritto di asilo e, dunque, allo status di rifugiato, chiunque subisca atti persecutori (ad esempio, violenza fisica, psichica o sessuale, atti amministrativi o di polizia discriminatori o abnormi, ecc.) che siano riconducibili a motivi di religione, razza, opinione politica, gruppo sociale di appartenenza e nazionalità, ovvero che rischi effettivamente di subirne, per le medesime motivazioni, in caso di ritorno al paese di origine.
Ulteriore requisito è l’impossibilità di avvalersi della protezione del proprio paese di origine, sia nel caso in cui il pericolo derivi dagli stessi organi ufficiali del paese, sia nel caso in cui la persecuzione venga posta in essere da un soggetto terzo senza che gli organi ufficiali del paese riescano a contrastarlo efficacemente.
Una volta riconosciuto il diritto allo status di rifugiato viene rilasciato un permesso di soggiorno della durata di 5 anni rinnovabili.
Il permesso di soggiorno per asilo politico e, dunque, lo status di rifugiato garantisce numerosi diritti, tra cui: i documenti di viaggio con valore equipollente al passaporto italiano, il ricongiungimento familiare senza dimostrazione di sussistenza dei relativi requisiti, l’accesso agli studi, il diritto al lavoro, il trattamento parificato al cittadino italiano per l’accesso al pubblico impiego, per l’assistenza sociale e sanitaria, per l’accesso alle case popolari e la possibilità di richiedere la cittadinanza dopo cinque anni anziché dieci.
La Protezione sussidiaria:
Ma cosa succede quando il cittadino straniero, pur non possedendo i requisiti necessari ad accedere al diritto d’asilo, si trova in una situazione in cui il ritorno al paese d’origine comporterebbe comunque un effettivo rischio di subire un grave danno?
In tal caso, entra in gioco la Protezione sussidiaria.
La Protezione sussidiaria, infatti, viene garantita allorquando il cittadino straniero, pur non rientrando nelle ipotesi espressamente previste per il diritto d’asilo, ritornando al proprio paese d’origine corra il rischio effettivo di subire un grave danno.
Il concetto di grave danno è stato tipizzato dal legislatore all’art 14 del D.lgs n. 251 del 2007, emanato in attuazione della Direttiva UE 95/2011.
In tal senso, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, sono considerati gravi danni:
- la condanna a morte o all'esecuzione della pena di morte;
- la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine;
- la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.
Una volta riconosciuto il diritto alla protezione sussidiaria viene rilasciato un permesso di soggiorno della durata di 5 anni, rinnovabili previa nuova verifica di sussistenza dei requisiti.
Il permesso di soggiorno per protezione sussidiaria consente di esercitare gli stessi diritti di quello concesso per asilo, con alcune differenze, tra cui:
- i documenti di viaggio verranno rilasciati solo nel caso in cui si possa dimostrare l’impossibilità di richiedere il passaporto alle autorità diplomatiche del proprio paese d’origine;
- la cittadinanza potrà essere richiesta dopo dieci anni, anziché i cinque previsti per i rifugiati.
Da ultimo, con L. 173/2020, è stata prevista un’ulteriore forma di protezione che si colloca al di fuori delle procedure di cd. “protezione internazionale”, vale a dire la Protezione Speciale.
Protezione Speciale
Il permesso di soggiorno per “protezione speciale” può essere rilasciato in favore del cittadino straniero che non possiede i requisiti per il riconoscimento della protezione internazionale quando l’Autorità competente ritenga sussistente la possibilità che il cittadino straniero possa subire dei gravi pregiudizi in caso di rimpatrio nel paese di origine.
In particolare, è sempre vietata l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.
Tale protezione si applica anche ai cittadini stranieri nel caso in cui vi siano fondati motivi di ritenere che, in caso di respingimento, espulsione o estradizione, gli stessi possano essere sottoposti a torture o trattamenti inumani o degradanti.
Ulteriore ipotesi di applicabilità della protezione speciale è la sussistenza di fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale italiano comporti una violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, fatti salvi i casi in cui l’allontanamento risulti necessario per ragioni di sicurezza nazionale ovvero di ordine e sicurezza pubblica.
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