Avviso di accertamento: cos'è e cosa si può fare?

Se hai ricevuto un avviso di accertamento e vuoi contestarlo, in primo luogo occorre evidenziare che è consigliabile rivolgersi immediatamente a un avvocato tributarista che possa assisterti in tutte le fasi del processo, essendo lo stesso governato da modalità e tempistiche davvero stringenti.

Ma cos'è un avviso di accertamento?

Innanzitutto, è importante capire che un avviso di accertamento è un atto con cui l'Agenzia delle Entrate segnala il riscontro di presunte irregolarità nella posizione del contributente e, di conseguenza, generalmente richiede il pagamento di imposte non versate o versate in misura inferiore a quella dovuta.
L'avviso di accertamento è emesso dopo un controllo fiscale o una verifica e può essere notificato direttamente al contribuente o al sostituto d'imposta.
Importante evidenziare che l’avviso di accertamento deve essere sempre motivato, a pena di nullità, e deve indicare:

  • gli imponibili accertati e le aliquote applicate
  • le imposte liquidate, al lordo e al netto delle detrazioni, delle ritenute di acconto e dei crediti d'imposta
  • l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni nonché il responsabile del procedimento
  • le modalità e il termine del pagamento
  • l’organo giurisdizionale al quale è possibile ricorrere.

In caso di mancata opposizione nel termine di 60 giorni dalla ricezione, l'avviso di accertamento diventa titolo esecutivo, cristallizzato e irretrattabile.

 

Come contestare un avviso di accertamento?

Ci sono diverse opzioni disponibili per il contribuente per gestire un accertamento dell'Agenzia delle Entrate che non ritiene corretto.

In primo luogo, troviamo l'autotutela, vale a dire un procedimento tramite cui l'Amministrazione che ha emanato l'atto può correggerlo o annullarlo a richiesta del contribuente o d'ufficio, qualora rilevi la presenza di un errore. Importante evidenziare come la richiesta di autotutela da parte del contribuente non interrompa il termine di 60 giorni per l'impugnazione.

Una seconda scelta è l'accertamento con adesione, ovvero un “accordo” tra contribuente e ufficio che può essere raggiunto sia prima dell’emissione di un avviso di accertamento, che dopo, sempre che il contribuente non presenti ricorso davanti al giudice tributario. In questo caso, può godere di una riduzione ad 1/3 del minimo edittale delle sanzioni pecuniarie previste per l'illecito. Nel caso di accertamento di fatti perseguibili anche penalemente, inoltre, l'accertamento con adesione ha l'effetto di abbattere fino ad 1/3 delle sanzioni penali previste, senza l'applicazione di eventuali sanzioni accessorie.

In alternativa, il contribuente può utilizzare la mediazione tributaria (con effetti di reclamo per i contenziosi per importi inferiori ad € 50.000,00), ovvero gli strumenti volti a risolvere il contenzioso tributario senza l'avvio di un processo. La mediazione e il reclamo si basano sulla trattativa tra l'ufficio amministrativo e il contribuente.

Se le precedenti opzioni non soddisfano il contribuente, può presentare un ricorso, ossia il documento che avvia il giudizio dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria competente per territorio.


Come si fa ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria?

E' bene evidenziare subito che ciò che interrompe il termine dei 60 giorni per l'opposizione è la notificazione del ricorso all'ente impositore, che deve essere fatta a mezzo pec.
Nei giudizi relativi ad importi sino ad € 3.000,00, il contribuente può stare in giudizio senza assistenza tecnica e, pertanto, in tali casi è consentita la notifica cartacea del ricorso, a mezzo di ufficiale giudiziario o plico senza busta trasmesso per raccomandata a/r.

Entro i 30 giorni successivi alla notifica, inoltre, il ricorrente ha l'onere di effettuare il deposito telematico del ricorso e della prova di notificazione alla Corte di Giustizia Tributaria (ovviamente, come per la notifica, è possibile farlo in maniera cartacea per chi sta in giudizio senza assistenza tecnica).


Cosa deve contenere il ricorso tributario?

Il ricorso tributario deve essere redatto secondo quanto prescritto all'art. 18 del D.lgs. 546/92 e, dunque, deve contenere l'indicazione:

  • della Corte di Giustizia Tributaria cui è diretto;
  • i dati del ricorrente (ivi inclusi residenza o sede legale, eventuale rappresentante, domicilio eletto, codice fiscale ed eventuale indirizzo pec);
  • dell'Ufficio nei cui confronti è proposto il ricorso;
  • dell'atto impugnato e dell'oggetto della domanda.

Il ricorso, naturalmente, deve contenere anche i motivi e delle eventuali prove poste a fondamento, tra cui quelle documentali e l'eventuale istanza di ammissione di prove testimoniali (che potranno o meno essere ammesse dalla Corte).

Inoltre, il ricorso potrà contenere anche una istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva dell'atto impugnato.

Infine, si dovranno indicare le conclusioni, vale a dire quale  provvedimento si richiede alla Corte adita.


Il prosieguo del giudizio

 

Una volta notificato il ricorso, la controparte avrà 60 giorni di tempo per costituirsi in giudizio depositando presso la Corte di Giustizia Tributaria adita il proprio atto ed i propri documenti.

La Corte di Giustizia Tributaria fisserà l'udienza per la discussione della causa e, in assenza della necessità di ulteriori attività processuali, all'esito di detta udienza pronuncerà la sentenza con cui potrà accogliere o rigettare il ricorso.

In caso di accoglimento potrà annullare parzialmente o totalmente l'atto impositivo (nei limiti di quanto richiesto dal ricorrente).

La sentenza emessa dalla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado può essere impugnata presso la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado.

Il termine per l'impugnazione è di 60 giorni dal momento della notifica della stessa ad istanza di parte, ovvero di sei mesi dalla data del deposito in cancelleria in caso di mancata notificazione.

 

Quanto sopra rappresenta una estrema semplificazione del procedimento necessario ad impugnare un avviso di accertamento o, comunque, un atto impositivo, all'esclusivo scopo di aiutare il contribuente a comprendere, a grandi linee e senza pretese di esaustività, cosa succede in tali casi.

Naturalmente, i contenuti del presente articolo non possono in alcun modo sostituire la consulenza di un professionista in materia tributaria.

In caso di ricezione di atti impositivi, dunque, consigliamo di rivolgersi immediatamente ad un professionista abilitato.

In ambito tributario lo Studio Marconi, Santese & Partners può assistere il cliente in diverse fasi dell'accertamento fiscale per garantire la migliore tutela dei propri interessi.

In particolare, lo studio può:

  1. Valutare la correttezza dell'atto emesso dall'Agenzia delle Entrate attraverso un'attenta analisi della documentazione e delle circostanze del caso;

  2. Consigliare il cliente sulle opzioni disponibili per la risoluzione della controversia fiscale;

  3. Assistere il cliente nella predisposizione e presentazione del ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria, garantendo la massima attenzione alla preparazione del ricorso e alla raccolta di tutte le prove necessarie a sostenerlo;

  4. Offrire un supporto completo durante tutto il procedimento, incluso l'eventuale negoziazione con l'ufficio dell'Agenzia delle Entrate, al fine di ottenere una soluzione soddisfacente per il cliente.

Quanto sopra riportato è da considerarsi una informazione, estremamente semplificata ed effettuata in termini non tecnici, sugli Avvisi di Accertamento emanati dall'Agenzia delle Entrate e, come tale, non sostituisce in alcun modo la consulenza di un professionista.

In caso di necessità, non esitare a contattarci per un primo appuntamento gratuito.